La deposizione di Benedetto Antelami
Non viene mai meno quel senso di stupore mentre si osserva la lastra di Benedetto Antelami nel Duomo di Parma, resiste anche all’abitudine di guardarla, per noi di Parma, a volte sfiorandola appena con lo sguardo.
È l’unica lastra scolpita superstite delle tre che costituivano il parapetto del pulpito che Antelami realizza nel 1178 per il Duomo di Parma.
Delle due rimanenti una è dispersa, l’altra è custodita in Galleria Nazionale di Parma, privata della sua decorazione (Cristo in mandorla con simboli degli Evangelisti) e in compagnia di tre dei quattro capitelli che reggevano il pulpito (uno fu venduto). I quattro leoni stilofori della base sono invece allestiti nel Museo Diocesano di Parma. E’ sempre singolare il destino di un monumento.
Quello di cui ci fa partecipi Antelami è un senso dell’Armonia, se con armonia intendiamo il naturale ma perfetto intrecciarsi degli spazi, dei ritmi, delle forme, delle emozioni. La musica riesce in questo esercizio in modo eccellente e perfetto.
Antelami rappresenta il momento della deposizione di Cristo dalla croce in un’apparente rigida simmetria il cui asse è la croce stessa, che delimita la scena dal lato superiore con il suo braccio orizzontale. È una croce gemmata, pronta a far rifiorire la vita, preludio della Resurrezione.
(Nella grafica: le linee della croce che delineano l'asse di simmetria e il margine superiore della scena; i nomi dei personaggi)
A sorreggere il corpo di Gesù è Giuseppe di Arimatea mentre Nicodemo si attarda a levare il chiodo dal palmo sinistro. Sul lato sinistro, il corteo del compianto: in testa la madre, a seguire Giovanni, l’apostolo prediletto, e le tre Marie. Sul lato destro il centurione romano, armato di scudo e spada, la schiera dei giudei e, frontali allo spettatore, i soldati intenti a giocarsi la tunica di Gesù. In prossimità della Croce, da ambo i lati, le allegorie della Chiesa nascente con il vessillo al vento (a sinistra) e della Sinagoga (a destra), con il capo reclinato dall’angelo e con l’asta spezzata, simbolo di un culto che ha perso la sua funzione con la venuta del Messia. Agli angoli superiori i due clipei fogliati con le personificazioni del sole e della luna, semanticamente legate all’eternità del tempo (alternarsi perpetuo di giorno e notte) che attraversa la scena, la cui pregnanza simbolica supera ogni barriera temporale.
(Nella grafica: in giallo le scene di pathos, in rosso, verde e azzurro le linee geometriche in consonanza tra loro)
Le rigide geometrie della composizione e la disposizione paratattica dei personaggi, di ascendenza tardoantica-bizantina, sono funzionali all’Antelami per i suoi giochi di risonanze di linee oblique e parallele su cui l’occhio scivola e riparte da nuove prospettive. C’è una volontà dichiarata nel rompere e ricomporre la staticità delle raffigurazioni spesso per aprire una finestra all’emozione. E allora è il braccio del Cristo, la cui obliqua gravità è frenata dall’angelo, che offre l’occasione di una carezza al viso della Madre, focus che fa piegare le verticali con la sua forza attrattiva. E anche quel sostenere il corpo del Cristo da parte di Giuseppe di Arimatea si trasforma in uno struggente abbraccio. Tra consonanze oblique di corpi e di braccia tese appaiono anche esiti drammatici: in un gesto deciso l'arcangelo Raffaele, reclina il capo alla Sinagoga. Poi le linee si arrotolano sul cerchio dello scudo del centurione e si ricompongono nella circolarità del gruppo frontale dei soldati.
(Nella grafica: in rosso gli elementi circolari che rompono la verticalità delle geometrie)
Antelami trae l’ispirazione formale dalle cattedrali d’oltralpe e dalla cultura figurativa romanica lombarda, per quel suo rilevare tondeggiante delle forme, nel conferire loro una palese plasticità espressiva. Ma c’è tanta eredità classica nel suo scalpello: i clipei con sole e luna, le girali d’acanto niellate che percorrono la cornice, richiamo immediato all’arte augustea dell’Ara Pacis; e pure gli arcangeli, che rubano il volo alle nikai ellenistiche.
Innovazione e rielaborazione delle tendenze coeve e dell’eredità artistica antica sono la cifra che contraddistingue lo stile di Benedetto dalla valle d’Intelvi (Antelami), un’arte che anche oggi non smette di stupire e che ha nel rilievo della deposizione prima, e nelle architetture del Battistero poi, la sua sublime espressione.