Le lastre di Wiligelmo nel Duomo di Modena

L’intero apparato figurativo del duomo di Modena, frutto del genio di Wiligelmo, maestro scultore, deve essere letto come una vera e propria catechesi rivolta alla comunità dei Modenesi, comunità che fu parte integrante della committenza in un momento di sede vescovile vacante, nel drammatico contesto di scontro tra papato e impero per le nomine episcopali, strumento efficace di controllo del territorio.

Creazione WiligelmoIl programma figurativo si svolge in gran parte sulla facciata come un’indicazione del percorso spirituale che la collettività è chiamata a seguire per raggiungere il piano di salvezza previsto dalle sacre scritture. Sono soprattutto i rilievi delle quattro lastre a dipanare il racconto universale della salvezza divina, un racconto che trae origine del libro di Genesi, con spunti dall’esegesi ebraica.

Le quattro lastre lavorate in spiccato rilievo, originariamente erano poste allo stesso livello, che ne permetteva una lettura continua ad un’altezza consona alla visione umana. L’apertura dei portali laterali in epoca successiva fece sì che due dei rilievi fossero rimossi e risistemati al di sopra degli stessi, così come ancora oggi li vediamo.

Ogni lastra mostra in sequenza temporale, come una pellicola cinematografica, la successione degli eventi peculiari e funzionali all’insegnamento dottrinale mentre le scene si susseguono sotto una cornice architettonica di arcate i cui pilastri o capitelli pensili scandiscono la partitura temporale degli eventi o ne sottolineano le sfumature drammaturgiche. Si utilizzano gli schemi narrativi del rilievo storico (es. colonna traiana), peculiarità dell’arte romana, la cui ispirazione e ripresa dei soggetti  è riscontrabile anche in altri dettagli scolpiti nella facciata.

Le immagini riportate e rielaborate sono state tratte da:

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Scena 1: Dio, rappresentato nello spazio della mandorla, indica nel libro le parole: “Io sono la luce del mondo, la via vera, la vita perenne”;

Scena 2: Creazione di Adamo. Dio dona il soffio vitale ad Adamo con un gesto sulla sua fronte, la figura del Creatore funge da colonna separatrice delle due scene;

Scena 3: Creazione di Eva. Dalla costola di Adamo, addormentato sulla roccia in prossimità di un corso d’acqua (resa con una lavorazione a “doppia ascia”), Eva prende vita sotto lo sguardo benedicente di Dio. I due uomini sono rappresentati senza attributi sessuali, solo la barba di Adamo attribuisce il genere;

Scena 4: Il peccato originale. Adamo ed Eva nel procinto di cibarsi del frutto dell’albero della conoscenza, incoraggiati dal serpente. La consapevolezza del peccato rivela loro le nudità che solo ora si rivelano nei loro attributi (seno di Eva) e che prontamente coprono con foglie di fico.

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Scena 1: Dio rimprovera Adamo ed Eva puntando l’indice sul petto dell’uomo. Entrambi i progenitori portano la mano sul viso in segno di vergogna;

Scena 2: Adamo ed Eva escono dal Paradiso terrestre, minacciati dalla spada dell’arcangelo posto a custodia ;

Scena 3: Adamo ed Eva costretti al lavoro della terra per la loro sopravvivenza. In questo schema prettamente simmetrico, dall’incontro delle diagonali tracciate dagli strumenti, cresce una nuova pianta a sorreggere l’architettura pensile (intesa qui come Chiesa nascente?), mentre i due capitelli sopra le teste, obbligate a reclinarsi, incrementano il senso di drammaticità della scena.

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Scena 1: Abele e Caino offrono i frutti del loro lavoro (allevamento per l’uno, agricoltura per l’altro) al Signore, rappresentato in mandorla sorretta da telamone. Il signore guarda con benevolenza all’offerta di Abele;

Scena 2: Uccisione di Abele da parte di Caino con un colpo di mazza, il corpo di Abele sembra disarticolarsi alla violenza fraterna;

Scena 3: Dio chiede a Caino dove il fratello si trovi, la risposta sarà: “Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?” (Gen. 4, 9-10).

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Scena 1: Uccisione di Caino. Lamech, cacciatore cieco, uccide Caino con una freccia conficcata nella gola. Questo episodio è riportato secondo l’esegesi ebraica del versetto;

Scena 2: Diluvio universale. Noè e la moglie nell’arca guardano dalle finestre in direzioni opposte. L’arca è rappresentata come un fabbricato a due ordini fluttuante sulle acque. L’intera architettura dell’arca occupa la scena fungendo da divisorio dalla prima scena e da introduzione alla terza.

Scena 3: Noè e i figli, Set, Cam e Iafet escono dall’arca in un mondo purificato dal peccato.

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